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TERRE D’ACQUA. Dialoghi e silenzi nella pittura di paesaggio

Dal 29 maggio al 5 settembre 2021

Mostra a cura di Giorgio Baldo e Stefano Cecchetto

La mostra è dedicata a quei pittori che, tra Ottocento e Novecento, hanno saputo interpretare il tema della veduta prospettica e d’invenzione del paesaggio dal vero a Venezia e in laguna.
Nell’assoluta aderenza al vero naturale, gli artisti di quel periodo hanno saputo descrivere lo stato d’animo della veduta con la suprema sintesi di un linguaggio espressivo, lontano dalle accademie e mirato a una vera e propria rigenerazione dell’arte.
Terre d’acqua, in quanto si è scelto di dare risalto a una visione prevalentemente ‘liquida’ della città e delle isole della laguna per sottolineare il rapporto tra luce e colore, elementi questi, determinanti per la rappresentazione di un paesaggio suadente, avvolto in quell’atmosfera incantata che ricopre le pietre, i ponti e le terre emerse, un clima che ancora oggi affascina gli artisti e li pone nella condizione di riflettere le loro emozioni dentro al perimetro circoscritto della tela.
La rappresentazione di un ‘tempo sospeso’ rimane il tema conduttore di gran parte della pittura veneta del Novecento anticipando così la grande svolta che la psicanalisi darà poi al linguaggio artistico, nell’esplorazione di temi più consoni all’introspezione dell’individuo.
Ma è ancora il gusto poetico del paesaggio a determinare il filo rosso che unisce i poli di una pittura che intende rappresentare – al di là dell’aneddoto – il percorso della vita quotidiana e il suo procedere lirico.
Questo cambio di rotta mette in luce alcuni valori precostituiti e mai esplicitamente dichiarati: riconoscersi nella realtà ed esprimerla con un’intenzione poetica.
In questo modo la pittura diventa il tramite di una cronaca imperfetta del visibile dove i dipinti non documentano soltanto quello che si vede, bensì quello che si cela dietro l’apparenza di questa visione.
Lo scempio del ‘sublime’ esteriore provoca in questi artisti una rivalsa e, attraverso la poetica di una personale ricerca interiore essi anelano alla creazione di un ordine sostitutivo, mediato dalla pittura e che va a compensare la natura offesa del visibile.

Dipingere la natura non è più quindi la riproduzione del visibile, ma è la rivelazione dell’invisibile, è l’intuizione di un’essenza, è l’armonia mundi di un momento che raccoglie in sé tutta la fantasia, il colore e la luce di un istante prezioso.
In questo percorso è quindi possibile rintracciare i segni di quegli artisti che hanno saputo infondere un nuovo classicismo, che non rimanda a fraintendimenti con il ritorno a forme antecedenti, ma esprime altresì una dichiarata espressione di ricerca verso la novità del segno e la ricerca dei toni coloristici tra loro: Guglielmo Ciardi, Marco Novati; Aldo Bergamini; Mario Vellani Marchi; Umberto Moggioli; Neno Mori e Mario Varagnolo; fino poi alla generazione successiva che comprende: Virgilio Guidi; Vinicio Vianello; Riccardo Licata; Corrado Balest; Miro Romagna e Alberto Gianquinto.

Ogni opera d’arte, quale che sia la sua sostanza, è un passo avanti verso l’obiettivo finale dell’artista, sarà poi il traguardo a deciderne la forma e a negarle la replica, dopo l’ultimo tocco del pittore non c’è più spazio per nulla, se non per l’esposizione al pubblico e l’analisi critica dei contenuti.
Così avviene che l’impostazione ‘concettuale’, cioè quel momento particolare in cui l’artista ‘progetta’ l’opera, non è più un segmento artificiale e distaccato, ma diventa sempre più parte integrante della spiritualità espressiva della rappresentazione.

Ecco perché si è pensato di completare questo percorso espositivo lasciando spazio ad alcuni artisti contemporanei che hanno continuato a lavorare sul tema del paesaggio, nella rivisitazione di un linguaggio più aderente al nostro tempo: Giovanni Cesca; Mara Fabbro; Cesco Magnolato; Luigi Rizzetto; Andrés David Carrara; Paolo Del Giudice e Tommaso Bet, restano gli artefici di una ‘deformazione visiva’ nel riflettere il pensiero dello storico Alain Roger che nel suo: Breve trattato del paesaggio afferma che il “paesaggio non è natura, ma storia, per questo preferiamo vederlo attraverso il filtro della letteratura e dell’arte”. È un’interpretazione questa, che ben si adatta al tema della mostra, in quanto questa propone la visione sublimata dei luoghi attraverso una lente deformata dalla cultura e dall’interpretazione individuale dell’artista. Ma quello che il pittore tramanda nell’opera è anche la testimonianza di un espressionismo più immediato e scoperto che porterà poi alla visione dello stesso paesaggio mediato però dal filtro dell’emozione e dallo slancio della passione pittorica.

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Museo del Paesaggio di Torre di Mosto
29 maggio – 5 settembre 2021

Orari apertura
Sabato: 15,30 – 18,30
Domenica : 10,00- 12.00 / 15,30-18,30