Confluenze. Giani Sartor / Annalisa Aversa
L’esposizione, curata da Stefano Cecchetto, presenta la figura di due artisti che hanno contribuito a raccontare l’esperienza pittorica del secondo Novecento: Corrado Balest (Sospirolo, 1923) ed Ercole Monti (Roma, 1927).
L’arco temporale che abbraccia il lavoro di questi due artisti è decisamente significativo: la loro formazione e le scelte estetiche che sottendono le loro opere, raccontate nelle due interviste in catalogo, sono tutte intessute dal dialogo con le grandi trasformazioni della pittura del Novecento dal secondo dopoguerra in poi che i due hanno attraversato con la cultura e la passione di un mestiere autentico e con il fremito giovanile di un’energia guizzante.
Ercole Monti e Corrado Balest, presentano rispettivamente 25 opere su tela di grandi dimensioni, e altrettante carte e disegni preparatori, che raccontano lo sviluppo del loro lavoro negli ultimi vent’anni; si tratta di un racconto fatto di immagini pittoriche assolutamente affascinante dove il figurativo e l’astratto si intersecano dentro a un linguaggio estremamente personale, e dove il fluido della narrazione rivela la consuetudine di un amore sviscerato per la pittura.
‘La pittura per la pittura’ quindi, in una combinazione di estrema sensibilità espressiva che trasferisce la traccia di una figurazione concreta dentro ai segni di un astrattismo apparente, raccogliendo entro al perimetro della tela una personale unità d’insieme tra visibile e invisibile con una straordinaria naturalezza: quella estrema, grande naturalezza che posseggono solo gli autentici affabulatori e i grandi poeti.
Due personalità dissimili, come diverso è il loro linguaggio espressivo: che mentre evidenzia le affinità e le divergenze del loro pensiero, confluisce dentro alla medesima passione per il mestiere di pittore.
Nel novero delle frequentazioni e delle Confluenze, la mostra di Ercole Monti e Corrado Balest incontra il lavoro di altre due generazioni di artisti che, nell’intrecciarsi delle relazioni, scambiano le loro esperienze partendo dalla matrice originaria dell’espressionismo pittorico.
Giani Sartor (Conegliano, 1946) e Annalisa Aversa (Vizzolo Predabissi (Mi), 1978) svelano le ‘affinità elettive’ di un linguaggio pittorico che guarda alla poetica del paesaggio contemporaneo.
Per Sartor, la frequentazione alla pittura resta una disciplina quotidiana che serve a raccogliere e a mettere insieme i tasselli dispersi di una curiosità culturale infinita; che si esercita sia nei confronti dell’immagine di paesaggio sia della parola poetica. Ed è questa che compare talvolta sotto la forma di enigmatiche frasi celate all’interno delle campiture di colore, quasi a orientare una percezione unitaria della poesia che fonda insieme immagine e parola. Questo legame tra la poesia e la sua narrazione è anche la chiave di volta che lo induce a esplorare il rapporto di armonia tra l’uomo e sé stesso, tra il pensiero e i pensieri, fra l’artista e il poeta, nel solco di una penetrante suggestione espressiva.
Diverso invece il percorso di Annalisa Aversa che racconta la metafora di un paesaggio che potrebbe assomigliare alla superficie dell’universo; immagini leggere stese sulla carta, senza proclami, ma con la consapevolezza di possedere la torrenziale enfasi suggerita dalla giovinezza. Una pittura misurata la sua, che riproduce nel colore: il fruscio, il suono, o meglio, il riverbero del paesaggio, con una delicata evidenza oggettiva che fa muo
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MOSTRA A CURA DI
Stefano Cecchetto
ORGANIZZATA DA
Amministrazione Comunale di Torre di Mosto e Museo del Paesaggio
IN COLLABORAZIONE CON
Fondazione Terra d’Acqua
CON IL SOSTEGNO DI
Fondazione di Venezia
COL PATROCINIO DI
Regione Veneto; Provincia di Venezia